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Quando il web calza a pennello

di Vanessa Friedman

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La storia di uno studente che nel dormitorio di un campus californiano si fa venire un'idea originale per un'impresa dal successo sorprendente non è proprio nuova. Ma se lo studente non sa niente d'informatica, il dormitorio, anche se all'università Stanford, non è quello della facoltà di ingegneria, e l'idea non riguarda né chip né programmi?
«Pensavano tutti che fossimo matti», dice Andy Dunn nel suo ufficio d'angolo, in un loft di Flatiron, un distretto di Manhattan. Oggi questo trentenne sicuro di sé è il direttore generale di Bonobos.com, la sartoria online specializzata in pantaloni maschili che ha fondato nel 2007 insieme a Brian Spaly, suo compagno di stanza alla Business School di Stanford.
«Abbiamo parlato con fondi di venture capital sulla costa ovest, con l'industria della moda sulla costa est. Tutti ci hanno detto che sul web non c'era verso di costruire un marchio dal nulla», dice Dunn.

Fedele alle radici studentesche, la società ha preso il nome di una specie di scimpanzé nota per dedicarsi alla pace e all'amore. Due anni dopo, Bonobos.com ha già venduto 32mila paia di pantaloni e allargato la gamma alle polo e magliette per uomini, e tra pochi mesi comprenderà anche le camicie. Prevede per il 2009 un fatturato tra 4,5 e 6 milioni di dollari. Nel febbraio scorso, dopo un secondo giro fra gli investitori che le hanno procurato 3 milioni, il valore dell'azienda era salito a 18 milioni.

I clienti fedeli s'avvicinano al 50% e in media possiedono tre paia di pantaloni Bonobos. La società ha abbandonato di recente i suoi 650 metri quadrati per trasferirsi in uno spazio due volte più grande, ha venti dipendenti a tempo pieno, e sta per appaltare le spedizioni e il magazzino. Fatto ancora più significativo, l'industria della moda e gli istituti finanziari che un tempo avevano ignorato Dunn e Spaly li accolgono oggi a braccia aperte: la Bonobos ha recentemente assunto uno stilista di Banana Republic, e pare che i fondi di venture capital stiano fiutandone la traccia.

Gli investitori possiedono il 30% della società, e i dipendenti collettivamente il 15 per cento. Dunn e Spaly, che hanno lasciato ad altri la gestione quotidiana per iniziare un nuovo progetto, condividono equamente il resto. «Il preside della business school ci ripeteva spesso di scegliere un settore nel quale nessuno dei nostri compagni volevano entrare», dice Dunn. «Ho pensato che i pantaloni maschili avessero i requisiti giusti».

Non che Dunn avesse una qualche formazione nella moda o un particolare interesse per i pantaloni. Figlio di un professore di storia americana e della responsabile del dipartimento ultrasuoni in un ospedale, è cresciuto a Chicago dove ha frequentato la Northwestern University. Dopo la laurea, ha lavorato per Bain Consulting dove si è specializzato in beni di consumo, collaborando a progetti per i dettaglianti Land's End e L.L. Bean. «Adoravo scoprire quali vestiti piacevano alla gente», dice.

Questo lo ha portato in una società finanziaria, e tra altri compiti ha avuto quello di fermare per strada le donne che uscivano dalla profumeria Bare Escentuals, a San Francisco, per scoprire se erano disposte a comprare prodotti di bellezza da Qvc e da Direct Tv.
A questo punto, si è reso conto che voleva mettersi in gioco, così è andato a Standford dove ha conosciuto Spaly che aveva un problema di pantaloni. O per essere precisi, con pantaloni che gli stavano male. «Brian aveva fatto molta atletica e le sue cosce erano sproporzionate», dice Dunn. «Era stufo di comprare pantaloni con una taglia in più e poi di spendere soldi per farli stringere in vita. A San Francisco, finalmente ha trovato un produttore che gliene ha fatto un paio su misura».

Ne ha ordinati altri cinque per darli agli amici. Alla fine dell'anno, dal loro dormitorio i due imprenditori in fieri avevano venduto pantaloni per 30mila dollari, ed è a questo punto che Dunn si è reso conto di aver trovato la propria impresa. «Abbiamo visto un grande spazio di mercato fra i pantaloni per il mercato di massa e quelli di lusso che stanno a pennello, ma costano parecchio e richiedono molto tempo – dice –. Abbiamo pensato che se potevamo farne uno che calzava meglio da vendere sui 120-150 dollari, avremmo colmato la lacuna e creato un'impresa sostenibile».

Dunn ha riscosso i fondi pensione che gli spettavano da Blain, ha ottenuto 750mila dollari da professori ed ex colleghi, si è trasferito a New York e ha impilato 400 paia di pantaloni sugli scaffali di casa. Pochi mesi dopo ha aperto un ufficio, con i proventi di vendite dovute soprattutto al passaparola e alle raccomandazioni personali. Se cercate «men's pants» su Google, Bonobos.com è uno dei primi siti dell'elenco.
Dunn ritiene che un'impresa unicamente online sia più vicina ai suoi clienti: si tiene in contatto con loro via twitter e ne sollecita il parere. Perciò è più veloce nel reagire ai successi e nel correggere gli errori. Per esempio, la decisione d'introdurre le camicie è nata dalle richieste dei clienti, e viene attualmente collaudata con la top 100 dei clienti Bonobos.

  CONTINUA ...»

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